RAY LEMA & SAKA SAKA ORCHESTRA

RAY LEMA & SAKA SAKA ORCHESTRA

concerto

» Baratili S. Pietro, Piazza Centrale  |  01 agosto, ore 22.30

Ray Lema & Saka Saka Orchestra

Ray Lema: keyboards, vocal
Etienne Mbappe: bass
Francis Lassus: drums
Luciana Demingongo: vocal
Cognome: Demingongo: litemo
François Ballou: vocal
Rodrigo Viana: guitar
Thibault Renard: trumpet
Jerry Edwards: trombone
Xavier Sauze: saxophone
Ingresso libero

Biografia
Raymond Lema A’nsi Nzinga è nato su un treno il 30 marzo 1946 in Zaire (ora Reppublica Democratica del Congo). Nel tragitto verso il vicino villaggio di Kary (oggi Lufu Toto), sua madre, che viveva a Lukala, ha partorito in stazione; per il figlio di un capo stazione non era niente di straordinario. Durante la sua infanzia non ha avuto un contatto diretto con la musica. Nel 1957, all’età di 11 anni, entrò in un piccolo seminario di Mikondo a Kinshasa con l’intento di diventare prete, ma molto presto le lezioni di musica hanno rivelato un dono per il piano. La sua abilità nel leggere la musica era eccezionale: riusciva a leggere

Kinshasa debuti
Nel 1962, dopo aver lasciato il seminario, studiò al Collège Albert e più tardi si iscrisse alla facoltà di chimica all’università di Lovanium a Kinshasa. Durante gli anni sessanta, la città era invasa da correnti musicali occidentali, in particolare rock americano e salsa cubana. Ray scoprì la cultura urbana di Kinshasa e imparò a suonare la chitarra, divenne presto chiaro che la chimica non fosse la scelta migliore: preferiva suonare in gruppi locali e orchestre e suonare il piano nei locali notturni. Fu individuato dal musicista Gérard Kazembe, si aggiunse alla sua orchestra e per due anni ha suonato infiniti motivi anglosassoni; tutto: da Jimi Hendrix ai Beatles. Divenne conosciuto poco a poco fino a quando, nel ’68, gli è stato chiesto dal governo di formare un complesso ufficiale. Formò i Baby National e nominò se stesso come direttore musicale. Ma servire cultura in salsa governamentale non era il suo punto forte e il gruppo si sciolse dopo un anno. Dopodichè trascorse qualche tempo accompagnando star zairesi come Tabu Ley Rochereau e Joseph Kabassele.

Servitore civile
Nel 1970, all’età di 24 anni, Ray aveva già molta esperienza alle sue spalle. Si unì a un gruppo rock molto in voga, gli Yss Boys. Quando la band si divise nel ’72, Ray sentì il bisogno di approfondire la sua conoscenza di musica tradizionale. Viaggiò in giro per il paese con un registratore per diversi mesi, registrando ogni suono, musica, ballo o canto che incontrava. Facendo il lavoro di un etnomusicologo, registrò su nastro alcuni degli innumerevoli stili musicali dell’ex-Zaire e fu notevolmente arricchito da quella che fu un’esperienza inusuale per un musicista africano. Nel 1974, il governo gli chiese di formare e dirigere il Ballet National du Zaire. Avendo il compito di assemblare tutti gli stili musicali dello Zaire, Ray Lema viaggiò per il paese alla ricerca di musicisti e ballerini di diversi gruppi etnici, il risultato fu una compagnia di un centinaio di artisti. Dopo un anno e mezzo di direzione del balletto, il governo volle Ray Lema per produrre un opera, ma il progetto fu bloccato a causa di una mancanza di fondi. Ray lasciò il balletto per sempre nel ’76. Se, culturalmente, dirigere il balletto è stata un’esperienza positiva, lavorare per il governo non ha assolutamente soddisfato le sue opinioni umanitarie e il suo amore per la libertà e la sperimentazione. Riprese a lavorare con i più grandi musicisti zairesi, incluso Franco, con il quale si esibì al Festival des Arts. Formò un nuovo gruppo, gli Ya Tupas, per il quale attinse alle risorse musicali raccolte tra il ’72 e il ’73. Il gruppo divenne ben conosciuto e fu premiato con il Maracas d’Or nel ’78, un premio francese alla musica africana e caraibica.

Africa-America-Europa
Nel 1979, una equipaggiata produzione americana invitò Ray Lema ad andare e lavorare negli Stati-Uniti. Con i fondi di una borsa di studio della fondazione Rockfeller, Ray Lema volò in America. Affascinato da ciò che scoprì lì, in particolare gli studi di registrazione, restò più di quanto intendesse. Sposò un’ Americana e imparò la tecnica della registrazione del suono in studio e a New-Orleans registrò il suo primo disco solista, Koteja. Suonò anche per un po’ in un’orchestra haitiana. Nel 1981, sentì il richiamo del Vecchio Mondo e Ray lasciò gli Stati Uniti per il Belgio prima di spostarsi definitivamente in Francia. Da allora non è mai tornato nel suo paese di origine. Nuovo indirizzo, nuova cultura, nuova carriera. In Europa fu capace di perseguire pienamente la sua perenne ricerca di nuovi suoni e influenze. Come tutti i musicisti africani che vivono a Parigi, non era conosciuto. In Francia fece il suo debutto in sedi frequentate unicamente da i suoi compatrioti. Mise su un gruppo, i Carma (Central Africa Rockmachine) con musicisti dello Zaire, del Cameroon, di Haiti e della Guadaloupe, e iniziò a farsi notare ad eventi musicali organizzati dalla rivista Actuel. L’editore della rivista, Jean-François Bizot, è stato il suo manager per diversi anni. Ray Lema trovò presto un etichetta discografica, la Celluloïd, che gli permise di distribuire il suo mini-album Koteja in Francia, ma sopratutto di registrare il suo primo album.

Successo
Nell’83 esce Kinshasa-Washington DC-Paris. Il titolo dell’album riassume la carriera di Ray Lema. Il suo primo album contiene una miscela di influenze: rumba-rock, funk, raggae e musica contemporanea. Fu anche il punto di decollo per una carriera internazionale: ricevete esaltanti recensioni e si vendete bene in un momento in cui la world music stava decollando commercialmente. Alla fine dell’84, Lema tenne un concerto alla Chapelle des Lombards, la prestigiosa cantina jazz di Parigi. Attorno a quel periodo, suonò nel primo album solista di Stuart Copeland ex-batterista dei Police. L’anno successivo, conobbe il Francese Martin Meissonier, un tecnico di registrazione e arrangiatore molto rispettato nella world music e nei circoli africani. Assieme, entrambi fanatici della registrazione del suono, reggistrarono a Londra l’album Médecine, che uscì nell’ottobre dell’85. Nell’86, Lema compose la colonna sonora del film Black Mic Mac di Thomas Giloux. L’anno successivo partì per un lungo tour europeo che incluse la Grecia, la Spagna e l’Italia. Stabilitosi bene in Francia, Ray Lema sviluppò un eccellente rapporto con diversi cantanti francesi. Tanto che nell’88, formò un gruppo temporaneo i Bwana Zulu Gang, con i suoi propri musicisti e con artisti francesi, inclusi Charlélie Couture e suo fratello Tom Novembre, Jacques Higelin et Alain Bashung. Si rivolse anche a musicisti africani, tra i quali Willy N’for dal Cameroon e Manu Dibango. Festoso, gremito di ritmo, l’album raccoglie insieme influenze pigmee e il funk più elettronico. Nell’89, Lema diede al suo nuovo album un nome senegalese, Nangadeef (Ciao in Wolof). Ci furono numerosi ospiti, incluso il sassofonista inglese, Courtney Pine, e le magnifiche voci feminili del gruppo sud africano, le Mahotalla Queens. Prodotto dalla sua nuova etichetta, Island, l’album vendette abbastanza bene: la sua esplorazione meditativa della musica in generale e di quella africana in particolare, ha soddisfato in ugual modo pubblico e artisti. In un concerto in Portogallo, Lema suonò di fronte a 100.000 persone. Il 6 ottobre ’89, alla Cigale di Parigi, ricevete un caloroso benvenuto dal pubblico francese.

Costa d’Avorio
L’intero anno successivo fu prenotato con tour e festival. In luglio, fu l’ospite d’onore al festival Francofolies a La Rochelle. In autunno, viaggiò attorno all’Africa con Radio France Internationale in un tour organizato dal Centro Culturale Francese per la competizione Découvertes. Una delle date era un concerto ad Abidjan, il 15 novembre; non era più tornato nel suo paese di origine, ma la capitale della Costa d’Avorio divenne il suo pied-à-terre africano. Il tour ebbe un profondo effetto su di lui e ispirò l’album Gaïa, rilasciato nel ’91. Tuttavia, a causa delle basse vendite del disco, l’isola si disinteressò di Lema nonostante lui fosse universalmente riconosciuto come un maestro della musica. Alla fine del 1990, Ray Lema aiutò il gruppo dell’Isola di Capo Verde, Finançon, a produrre l’album Funana. Questa prima produzione africana segnò una nuova partenza nella cariera di Lema. Durante gli anni successivi, esercitò molteplici e diverse influenze musicali. Nel ’92, produsse di nuovo un artista Africano, We Were Liking e la sua troupe del Teatro Ki Yi M’bock di Abidjan. Con We Were, un musicista africano che abitava in Costa d’Avorio, scrisse l’opera Un Touareg s’est marié avec une Pygmée. E tornò anche al jazz, suonando con un pianista tedesco Joachim Kühn nell’album Euro African Suites. Ma la più grande esperienza in quel periodo fu il suo lavoro con il professore Kirim Stefanov, maestro dell’arte corale bulgara e direttore artistico della Pirin’ dal 1956. Insieme composero e registrarono un album eccezionale in cui 23 cantanti di sesso femminile (14 Bulgare, 6 Africane e un coro di 3) voci e culture miste in un turbine di melodie abbaglianti. Il successo del disco portò Ray Lema e il suo complesso in tour nel ’93: Francofolies, il Festival Sfinks in Belgio e il Festival delle Musiques Métisses in Angoulème.

Semplicità
La pubblicazione successiva, Tout Partout, fu più sobria nei contenuti. In quest’ album minimalista, Ray Lema, al piano, è sostenuto da 2 vocaliste francesi, Cathy Renoir e Isabel Gonzales, un kora, un flauto pigmeo e un violino. Il 23 e 24 settembre, il complesso si esibì al Passage du Nord Ouest, una piccola sede parigina che è sparita da allora. Nel ’96, Ray Lema pubblicò Green Light, un album che ha perseguito la vena solista iniziata con Tout Partout. Contemporaneamente, mostrò tutta la misura del suo impegno umanitario con missioni artistiche in Ciad, Benin e Burkina Faso. Questi viaggi sono stati l’occasione per allenare ed aiutare i giovani musicisti locali, un compito al quale Ray Lema è particolarmente legato. La vena introspettiva continuò con Stoptime, uscito nel ’97. Un lavoro più solitario e più acustico, l’album testimonia una certa maturità (cinquant’anni) ed è un palese riconoscimento della sua formazione classica che venne anche alla ribalta nel ’97, con la scrittura di un opera per un’orchestra di 30 musicisti. Ispirato dalla natura africana, questa commedia musicale è stata provata per la prima volta da un’orchestra svedese nel febbraio del ’97. La riscoperta di Ray Lema del suo lavoro, suonato da un’orchestra classica fu uno shock emotivo e artistico senza precedenti. A modo suo, Ray Lema è un artista senza radici. Ha scoperto la musica attraverso la cultura bianca occidentale, e il primo strumento che ha imparato a suonare -il piano- non esiste nella musica africana. Non è stato un caso che se ne sia andato alla ricerca di suoni più tradizionali del suo paese che non aveva ancora vent’anni. Il viaggio è stato il punto di partenza di una molto più lunga ricerca filosofica e spirituale delle sue vere radici.

Gnaouas
Durante l’anno 2000, Ray Lema ha lavorato con una band tradizionale marocchina chiamata Tyour Gnaoua. Quest’incontro a dato vita a uno spettacolo musicale di grande successo unendo i tempi gnaoua (questa era la musica degli antichi schiavi subsahariani) assieme con le vocali congolesi (le proprie origini di Ray Lema). La notte di apertura di questo spettacolo inusuale avenne nel maggio del 2000 al Couvent des Cordeliers, un convento medievale nel cuore del Marais, uno dei più vecchi distretti di Parigi. Lema e i Tyour Gnaoua si esibirono di nuovo insieme durante la Fête de la Musique alla fine di giugno e in diversi festival in giro per le provincie francesi durante l’estate. A dicembre diederò l’ultimo concerto al Maroquinerie, un piccolo, intimo e accogliente palcoscenico Parigino, e pubblicarono un album intitolato Safi (che significa “siamo d’accordo” in Arabo). Celebre per attraversare le frontiere e superare i confini musicali, Ray Lema si ramifica in una nuova direzione nel novembre 2003, collaborando con il regista teatrale Jean-Louis Matinelli. Lavorando con Matinelli, scrisse la musica per la commedia di Max Rouquette Médée, che fu messa in scena al Théatre des Amandiers a Nanterre nel novembre 2003.

Piano solo
Lema, che sostiene di aver scoperto la “natura complementare” della musica africana e occidentale in un workshop sull’armonia, è stato da tempo in una missione per fondere la natura “orizzontale” delle battute Africane con le linee “verticali” delle armonie occidentali. E nel 2004, Lema riprese di nuovo la sua carriera solista. Il suo album Mizila (prende il nome dalla sua defunta madre) segue la stessa scia dei precedenti album come Green Light (1996) e Stop Time (1997) mescolando jazz e influenze classiche con ritmi africani. Lema salì sul palco per dare un debutto solista di pianoforte al Café de la Danse il 29 marzo 2004. Ray Lema si è sempre impegnato all’idea di trasmettere tradizione, cultura e abilità alla prossima generazione. Ed è qualcosa che ha sempre messo in pratica attraverso il suo lavoro con l’UMA (Université Musicale Africaine), insegnando in una serie di classi. Nel 2004 e 2005, Lema diresse in Burundi per dare due corsi di laurea, un esperienza che ripeterà in Burkina Faso (2005) e in Africa Centrale (2006). Nel 2005, in coincidenza con le celebrazioni dell’ “Anno del Brasile”, in Francia, Lema ha eseguito una serie di concerti una tantum con il cantautore brasiliano Chico Cesar, fondendo i ritmi vibranti di Africa e Brasile. La copia ha continuato ad aparire in vari festival musicali quell’estate in tutta Europa. Nel 2006, Ray Lema fece squadra con il batterista Francis Lassus e il bassista Etienne Mbappé per formare gli African Jazz Trio, riemergendo nel circuito live con ancora un altro suono. Nel novembre del 2006, il trio ha collaborato nuovamente e si è diretto in Burkino Faso per organizzare un nuovo anno accademico all’Università della Musica Africana a Ouagadougou. I tre musicisti organizzarono corsi di laurea e corsi di formazione per musicisti locali.

2007: “Paradox”
I fan dovranno aspettare fino a febbraio del 2007 per un nuovo album di Ray Lema. Paradox, registrato con Etienne Mbappé e Francis Lassus, è caratterizzato da una serie di brani molto diversi, tra canzoni in Inglese e in Francese e una serie di strumentali vibrante. In questo album, Ray Lema ha inoltre reso omaggio alla compianta grande star Francese Claude Nougaro (C’est une Garonne) e all’icona del Mali Alì Farka Touré (Alì Farka Touré), due amici musicisti che lo hanno molto influenzato durante la sua carriera.

2009: “Saka Saka”
La rumba dell’ Africa ha fatto ballare l’intero continente per 50 anni, dalle prime orchestre di Joseph Kabasele, Rochereau e Ok Jazz alle stars di ‘Ndombolo. La band Saka Saka conta di edificare questa tradizione, aggiornata con le molteplici esperienze di Ray Lema. Raggiunto dai suoi ritmici complici, Etienne Mbappé al basso e Francis Lassus alla batteria, Ray Lema si unisce ad una linea d’attacco 100% Congo con un paio di ballerini e cantanti Ballou e Luciana, con alla chitarra un artigiano, esperto di rumba sebens, e con un trombettista aggiungendo la spezia alla Saka Saka, piatto nazionale della Reppublica Democratica del Congo. Ray Lema alla voce e tastiera, ci porta in un viaggio sulle rive del fiume Congo, a Kinshasa, la città che non dorme, dove la musica e la danza sono le regine della notte.

Biography
Raymond Lema A’nsi Nzinga was born in a train on March 30th 1946 in Zaire (now the Democratic Republic of the Congo). On her way to the neighbouring village of Kary (today Lufu Toto), his mother, who lived in Lukala, gave birth in the station – for a son of a station master, there was nothing out of the ordinary about this. During his childhood, he had no direct contact with music. In 1957, aged 11, he entered the small seminary of Mikondo in Kinshasa with the intention of becoming a priest. But very soon, music lessons revealed a gift for the piano. His music reading ability was remarkable: he could read the most complex pieces effortlessly. The young boy discovered music through Mozart, Bach and Gregorian chants, through Western culture and traditions very different from his own. For several years, he was designated official organist at mass. His teachers were so impressed with him one of them even gave him a piano…and religious vocation quickly became a musical one. For his first concert of secular music, he played “The Moonlight Sonata” by Beethoven. His brother was the only African in the audience.

Kinshasa débuts
After he left the seminary in 1962, he studied at the Collège Albert and later enrolled in the chemistry faculty at the University of Lovanium in Kinshasa. During the sixties the country was invaded by Western musical influences, particularly American rock and Cuban salsa. Ray discovered the urban culture of Kinshasa and learnt to play the guitar and it quickly became clear chemistry was not the best choice: he preferred playing in local groups and orchestras and playing piano in night clubs. He was spotted by musician Gérard Kazembe, joined his orchestra and for two years played endless Anglo-Saxon tunes, everything from Jimi Hendrix to the Beatles. He became known little by little until, in 68, he was asked by the government to form an official ensemble. He formed Baby National and appointed himself musical director. But serving up culture in a governmental sauce was not his strong point and the group was disbanded after a year. Afterwards, he spent some time accompanying Zairese stars such as Tabu Ley Rochereau and Joseph Kabassele.

Civil servant
In 1970, aged 24, Ray already had a lot of experience behind him. He joined a very popular rock group, the Yss Boys. When the band broke up in 72, Ray felt the need to deepen his knowledge of traditional music. He travelled around the country with a tape recorder for several months, recording every sound, music, dance or chant he came across. Doing the work of an ethnomusicologist, he recorded on tape some of the countless musical styles of ex-Zaire and was considerably enriched by what was an unusual experience for an African musician. In 1974, the government asked to form and direct the Ballet National du Zaire. Given the task of assembling all of Zaire’s musical styles, Ray Lema travelled the country in search of musicians and dancers from the different ethnic groups. The result was a company of a hundred artists. After a year and a half directing the ballet, the government wanted Ray Lema to produce an opera but the project was blocked due to lack of funds. Ray left the ballet for good in 76. If, culturally, directing the ballet was a positive experience, working for the government absolutely did not suit this humanitarian views and his love of freedom and experimentation. He went back to working with the greatest Zairese musicians of the day, including Franco, with whom he performed at the Festival des Arts. He formed a new group, Ya Tupas, in which he drew on the musical sources he had collected between 72 and 73. The group became well-known and was awarded the Maracas d’Or in 78, a French prize for an African and Caribbean music.

Africa – America – Europe
In 1979, an American production outfit invited Ray Lema to go and work in the United States. With funds from a Rockefeller foundation scholarship, Ray Lema flew to America. Fascinated by what he discovered there, in particular the recording studios, he stayed longer than intended. He married an American and learnt studio sound-recording technique and (in New Orleans) recorded his first solo disc, “Koteja”. He also played for a while in a Haitian orchestra. In 1981, the Old World began to beckon, and Ray left the United States for Belgium before definitively moving to France. He has never returned to his home country since. New address, new culture, new career. In Europe, he was able to fully pursue his perpetual quest for new sounds and influences. Like all African musicians living in Paris, he was not known. He made his French débuts in venues frequented only by his countrymen. He started a group, Carma (Central Africa Rock Machine) with musicians from Zaire, Cameroon, Haiti and Guadaloupe, and began to be noticed at musical events organised by the magazine Actuel. The editor of the magazine, Jean-François Bizot, was his manager for several years. Ray Lema soon found a record label, Celluloïd, which enabled him to distribute his mini-album, “Koteja”, in France and above all to record his first album.

Success
In 83, “Kinshasa-Washington DC- Paris” was released. The album’s title sums up Ray Lema’s career. Rumba-rock, funk, reggae, modernity, his first album contained a mixture of influence and it was the take-off point for an international career: it received rave reviews and sold well at a time when World Music was really taking off commercially. At the end of 84, Lema gave a concert at the Chappelle des Lombards, the prestigious Paris jazz cellar. Around that time, he played on the first solo album of Englishman Stuart Copeland ex-drummer of the Police. The following year, he met Frenchman Martin Meissonier, a recording engineer and arranger highly respected in World Music and African circles. In a London, two of them, both sound recording addicts, concocted the album “Médecine”, released in October 85. In 86, Lema composed the soundtrack for the film “Black Mic Mac” by Thomas Giloux. The following year, he went on a long European tour which included Greece, Spain and Italy. Well established now in France, Ray Lema had developed an excellent rapport with several French singers. So much so that in 88, he formed a temporary group, the Bwana Zoulou Gang, with his own musicians and French artists, including Charlélie Couture and his brother Tom Novembre, Jacques Higelin and Alain Bashung. He called on African musicians as well, among them Willy N’for from Cameroon and Manu Dibango. Festive, rhythm-packed, the album brings together pygmy influences and the most electronic funk. In 89, Lema gave a Senegalese name to his new album, “Nangadeef” (Hello in Wolof). There were numerous guests, including English saxophonist, Courtney Pine, and the magnificent female voices of the South African group, the Mahotalla Queens. Produced by his new label, Island, the album sold moderately well: his meditative exploration of music in general and African music in particular pleased the public and artists alike. At a concert in Portugal, Lema played in front of 100.000 people. On October 6th 89, at the Cigale in Paris, he received a warm welcome form the French public.

Ivory Coast
The whole of the following year was booked with tours and festivals. In July, he was a guest of honour at the Francofolies festival in La Rochelle. In the autumn, he travelled around Africa with Radio France Internationale on a tour organised by the French Cultural Centres for the “Découvertes” competition. One of the dates was a concert in Abidjan on November 15th – Ray Lema had never returned to his home country, but the capital of the Ivory Coast had become his African pied à terre. The tour had a profound effect on him and inspired the album “Gaïa”, released in 91. However, due to the disc’s low sales, Island dropped Lema despite him being universally recognised as a master musician. At the end of 1990, Ray Lema helped to produce the album “Funana” by the Cape Verde Islands group, Finaçon. This first African production marked a new departure in Lema’s career. During the following years, he pursued multiple and diverse musical influences. In 92, he again produced an African artist, We Were Liking and his troupe from the Ki Yi M’bock Theatre in Abidjan. With We Were, a musician from Cameroon living in the Ivory Coast, he wrote the opera, “Un Touareg s’est marié avec une pygmée”. He also returned to jazz, playing with German pianist Joachim Kühn on the album “Euro African suites”. But his greatest experience at that time was his work with Professor Kirim Stefanov, the master of Bulgarian choral art and artistic director of the Pirin’ since 1956. Together, they composed and recorded a remarkable album in which 23 female singers (14 Bulgarians, 6 Africans and a choir of 3) blended voices and cultures in a whirlwind of dazzling melodies. The success of the disc took Ray Lema and the ensemble on tour in 93: Francofolies, the Sfinks festival in Belgium and the Festival des Musiques Métisses in Angoulème.

Simplicity
The next release, “Tout Partout”, was more sober in content. On this minimalist album, Ray Lema, on piano, is backed by two French vocalists, Cathy Renoir and Isabel Gonzales, a kora, a pygmy flute and an accordion. On September 23rd and 24th, the ensemble played at the Passage du Nord Ouest, a small Parisian venue which has disappeared since. In 96, Ray Lema released “Green Light”, an album which pursued the solo vein begun with “Tout Partout”. Alongside this, he showed the full extent of his humanitarian commitment with artistic missions to Chad, Benin and Burkina Faso. These trips were an opportunity to coach and help young local musicians, a task which Ray Lema is particularly attached of. The introspective vein continued with “Stoptime”, released in 97. A more solitary and more acoustic work, the album testifies to a certain maturity (fifty years old) and is an overt recognition of his classical training. His classical background also came to the fore in 97 with the writing an opera for a 30 musician orchestra. Inspired by African nature, this musical play was rehearsed for the first time by a Swedish orchestra in February 97. Ray Lema’s re-discovery of his work, played by a classical orchestra was unprecedented emotional and artistic shock. In his own way, Ray Lema is an artist without roots. He discovered music through white, Western culture and the first instrument he learnt to play – the piano – does not exist in African music. It was not by chance that he left in search of the more traditional sounds of his own country when he was not yet twenty. The trip was the departure point of a much longer, philosophical and spiritual search for his true roots.

Gnaouas
During the year 2000, Ray Lema worked with a traditional Moroccan band called Tyour Gnaoua. This encounter gave birth to a very successful musical show uniting Gnaoua (this was the music of the ancient Subsaharan slaves) tempos together with Congolese vocals (Ray Lema’s own origins). The opening night of this unusual show took place in May 2000 at the Couvent des Cordeliers, a medieval cloister in the heart of the Marais, one of Paris’s oldest districts. Lema and Tyour Gnaoua performed together again during the Fête de la Musique at the end of June and at some festivals around the French provinces during the summer. In December they gave a last gig at the Maroquinerie, a small and cosy Parisian stage, and released an album entitled “Safi” (it means “We agree” in Arabic). Renowned for crossing frontiers and pushing back musical borders, Ray Lema branched out in a new direction in November 2003, teaming up with theatre director Jean-Louis Matinelli. Working with Matinelli, he wrote the music for Max Rouquette’s play “Médée”, which was staged at the Théâtre des Amandiers in Nanterre in November 2003.

Piano solo
Lema, who claims that he discovered the “complementary nature” of African and western music in a workshop on harmony, has long been on a mission to fuse the “horizontal” nature of African beats with the “vertical” lines of western harmonies. And in 2004 Lema picked up his solo career again. His album, “Mizila” (named after his late mother), followed on in the same vein as earlier albums such as “Green Light” (1996) and “Stop Time” (1997), mixing jazz and classical influences with African rhythms. Lema took to the stage to give a debut solo piano performance at the Café de la danse on 29 March 2004. Ray Lema has always been committed to the idea of passing on tradition, culture and know-how to the next generation. And this is something he has frequently put into practice through his work with the UMA (Université Musicale Africaine), teaching a range of classes. In 2004 and 2005, Lema also headed off to Burundi to give two master classes, an experience which he repeated in Burkina Faso (2005) and central Africa (2006). In 2005, coinciding with celebrations of the “Year of Brazil” in France, Lema performed a series of one-off concerts with Brazilian singersongwriter Chico Cesar, fusing the vibrant beats of Africa and Brazil. The pair went on to appear at various music festivals that summer across Europe. In 2006, Ray Lema teamed up with drummer Francis Lassus and bassist Etienne Mbappé to form the African Jazz Trio, re-emerging on the live circuit with yet another new sound. In November 2006, the trio teamed up again and headed out to Burkina Faso to organise a new session of the African Music University in Ouagadougou. The three musicians staged master classes and training courses for local musicians.

2007: “Paradox”
Fans had to wait until February 2007 for a new album from Ray Lema. “Paradox”, recorded with Etienne Mbappé and Francis Lassus, featured a range of very different tracks including songs in English as well as French and a series of vibrant instrumentals. On this album, Ray Lema also paid tribute to the late great French star Claude Nougaro (“C’est une Garonne”) and the Malian icon Ali Farka Touré (“Ali Farka Touré”), two musician friends who had greatly influenced him throughout his career.

2009: “Saka Saka”
Africa’s rumba has been making the whole continent dance for 50 years, from the first orchestras of Joseph KABASELE, ROCHEREAU and OK JAZZ to the ‘Ndombolo stars. The SAKA SAKA band is counting on uplifting this tradition, updated with Ray LEMA’s multiple experiences. Joined by his rythmatic accomplices, Etienne MBAPPE on the bass and Francis LASSUS on drums, Ray LEMA joins the efficiency of an offensive line 100% CONGO with a pair of singers and dancers BALLOU & LUCIANA, with a craftsman on the guitar, expert in rumba sebens, and with a trumpet player adding the spice to the SAKA SAKA, National dish of the Republique Democratique du CONGO. Ray LEMA on vocals and keys take us on a journey to the banks of the CONGO’s river, in KINSHASA, the city that doesn’t sleep, where music and dance are the queens of the

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